E’ ormai di qualche giorno la notizia che la NASA stia preparando una conferenza stampa per annunciare clamorose big news provenienti dall’esplorazione del nostro rosso vicino da parte del rover Curiosity.
Fonte dell’annuncio è il geologo John Grotzinger del Caltech, principale investigator della missione, il quale ha riferito che Curiosity avrebbe ottenuto risultati “eccitanti“ dall’esame di un campione di suolo marziano recentemente raccolto e posizionato nel SAM (Sample Analysis at Mars), il mini laboratorio di cui il rover è dotato e che contiene una vasta gamma di strumenti in grado di vaporizzare terra e piccole rocce per analizzare le quantità degli elementi chimici leggeri liberati, come carbonio, ossigeno ed azoto (tipicamente associati alla vita biologica).
Secondo Grotzinger si tratta di qualcosa che finirà nei libri di storia: per il suo potenziale esplosivo il team di ricerca NASA resta estremamente cauto, intento a controllare e ricontrollare i risultati ottenuti.
Sembra tuttavia che non si dovrà attendere molto per vedere soddisfatta la curiosità (a questo punto legittima): Grotzinger ha rivelato che la conferenza stampa si terrà in occasione del meeting 2012 dell’American Geophysical Union a San Francisco, programmato dal 3 al 7 dicembre prossimi.
Mentre i ricercatori NASA, per comprensibili ragioni, mantengono un atteggiamento di assoluto riserbo, gli altri scienziati sono liberi di fare speculazioni. Uno di essi è Peter Smith del Laboratorio Lunare e Planetario dell’Università dell’Arizona, già a capo del team di ricerca di una precedente missione marziana, quella del lander Phoenix, che toccò il suolo del pianeta in prossimità del suo polo Nord nel 2008.
Secondo Smith, se si tratta di una scoperta destinata ad essere scritta nei libri di storia, allora non può che avere a che fare con materiale organico. Egli nega naturalmente di essere in contatto con il team di Curiosity e sostiene che la sua è solo l’affermazione di un ricercatore esterno bene informato.
Qualcuno ricorderà che durante la missione di Phoenix venne raccolto e riscaldato un campione di suolo marziano allo scopo di verificare se fossero in esso presenti tracce di materia organica: disgraziatamente, l’esperimento fu vanificato dalla presenza di sali di perclorato, presenti nel suolo marziano, che reagirono al calore e distrussero ogni possibile molecola organica complessa, lasciando solo il biossido di carbonio, che abbonda nell’atmosfera del pianeta.
Anche le missioni Viking, che esplorarono i lati opposti di Marte alla fine degli anni ’70, effettuarono una ricerca di molecole organiche senza alcun risultato: nelle decadi successive gli scienziati considerarono Marte un pianeta morto, con condizioni inospitali per la vita. Ma quanto accaduto con l’esperimento Phoenix li convinse che forse i perclorati stavano confondendo le acque e potevano spiegare i risultati negativi dei precedenti esperimenti.
Questo non dovrebbe accadere con Curiosity, il cui laboratorio è in grado di riscaldare lentamente i campioni in modo da non provocare la reazione dei perclorati. Gli strumenti a bordo del rover possono altresì pesare le molecole presenti, determinando da quanto carbonio, ossigeno ed idrogeno esse sono composte.
Il ritrovamento di semplici composti organici non sarebbe così scioccante – sostiene Smith – poiché essi possono ben provenire da meteoriti originatisi dalla fascia degli asteroidi e precipitati su Marte. Ma essi indicherebbero che i mattoni della vita sono presenti sulla superficie del pianeta ed abbisognerebbero solo di acqua, di cui il pianeta abbondava in passato, per generare degli organismi viventi.
Se poi fossero rinvenute le tracce di tipologie organiche molto complesse – prosegue Smith – questo sarebbe sbalorditivo, poiché si tratterebbe dei resti di forme di vita avanzata che una volta battevano le lande marziane. Ma le probabilità di trovare simili tracce in un campione di sabbia prelevato da una duna a casaccio sono molto, molto basse.
Smith ha anche messo in guardia dallo speculare troppo sul punto, dal momento che le voci hanno la capacità di propagarsi rapidamente quando si parla della possibile esistenza di vita su Marte. Egli ricorda che durante il suo lavoro alla missione Phoenix, i componenti del suo team stavano valutando in segreto i risultati delle analisi con i perclorati: Ma i rumors fuoriuscirono e fu anche peggio quando si diffuse la notizia – priva di fondamento – che un componente del gruppo era stato addirittura ricevuto alla Casa Bianca!
“Quando tieni qualcosa segreto, la gente comincia a pensare a tutte le cose più folli” ha concluso Smith. Per quanto ci riguarda, non rimane che aspettare qualche giorno e sperare che la NASA non ci propini l’ennesima doccia scozzese …
Fonte: tradotto e adattato dall’articolo “Curiosity Rover’s Secret Breakthrough? Speculation Centers on Organic Molecules” di Adam Mann, pubblicato nella sezione “Wired Science” del sito www. wired.com il 20.11.2012