(testo dell’intervento al IV Convegno Interregionale Cun Puglia e Basilicata)

L’invenzione della radio riveste un’importanza sulla quale è persino superfluo soffermarsi, dal momento che essa ha permesso l’invio e la ricezione di comunicazioni senza l’ausilio di fili (così come era stato per il telegrafo) e quindi, in buona sostanza, ha migliorato – in termini di rapidità ed efficienza – la diffusione delle informazioni attraverso il mondo superando le barriere fisiche e geografiche. Non è errato dire che con la radio siano state poste le basi dell’odierna società dell’informazione.

Sappiamo che gli apparecchi radio, per comunicare, utilizzano una determinata porzione dello spettro elettromagnetico, compresa grosso modo tra le frequenze che vanno da 30 Hz a 300 Ghz, un poco al di sotto della banda infrarossa delle radiazioni luminose; pertanto, le onde radio condividono la stessa natura della luce, trattandosi in ambedue i casi di radiazioni elettromagnetiche con diverse lunghezze d’onda.

L’INVENZIONE DELLA RADIO

MarconiL’invenzione della radio viene di solito attribuita a Guglielmo Marconi e non solo per ragioni di sciovinismo, poiché in effetti lo scienziato italiano ottenne a Londra il 2.07.1897 il brevetto n. 12039 per i “Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi”. Benché la validità del brevetto conferito a Marconi sia stata riconosciuta dall’Alta Corte britannica già nel 1911, nel 1943 la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, impegnata a dirimere una causa tra la società di Marconi (la “Marconi Wireless Telegraph Company”)e l’esercito statunitense per presunte violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ebbe a riconoscere a Nikola Tesla la paternità del brevetto della radio, sull’assunto che Marconi fosse a conoscenza del lavoro svolto dal suo collega serbo negli USA. Tale sentenza, tuttavia, non è universalmente riconosciuta ed ancora oggi potrà accadere di sentir attribuire l’invenzione della radio all’uno o all’altro scienziato, secondo la cultura o l’area di provenienza geografica del nostro interlocutore. Quello che è certo è che sia Marconi sia Tesla erano già passati a miglior vita al momento della pronuncia della Corte Suprema statunitense.

LA QUESTIONE EXTRATERRESTRE

Ad ogni modo, ambedue gli scienziati hanno avuto un ruolo non secondario nella vicenda che raccontiamo: infatti, una volta che fu generalmente accettata e praticata l’idea che si potessero inviare e ricevere messaggi senza l’ausilio dei fili bensì unicamente sfruttando la capacità delle onde radio di propagarsi attraverso l’etere, ne nacque – quasi come un corollario – il concetto che un tale sistema potesse essere adoperato, modulandone opportunamente la potenza, non solo per mettere in contatto gli uomini in regioni lontane della Terra, ma persino per tentare un approccio comunicativo con esseri di altri mondi, cominciando ovviamente dagli altri pianeti del sistema Solare.

E tra questi in primo piano Marte, il quale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo occupava le fantasie della popolazione mondiale, dopo che l’astronomo Giovanni Schiaparelli aveva reso note le sue osservazioni dei cosidetti canali,a suo dire gigantesche opere di irrigazione messe a punto da una superciviltà marziana: idee queste che, complice anche una errata traduzione in lingua inglese, furono riprese ed amplificate sia dal Prof. Percival Lowell che dallo stesso padre della scienza missilistica americana, Robert H. Goddard, il quale in un saggio intitolato “Habitability of other worlds” si dichiarò ottimista circa la possibilità di incontrare gli abitanti (che per certo esistevano) del pianeta rosso, attraverso la costruzione e messa a punto di un razzo interplanetario. A suggellare questa posizione degli abitanti di Marte nell’immaginario collettivo, quale archetipo della vita intelligente extraterrestre, ci avrebbe pensato in quegli stessi anni lo scrittore Herbert George Wells con il suo celeberrimo “The War of the Worlds” (1898).

In attesa che il progresso tecnologico avesse reso possibile per gli uomini giungere sul nostro rosso vicino, divenne chiaro che la radio (sia pur nella sua iniziale applicazione di telegrafo senza fili) sarebbe stata oltremodo utile per stabilire un contatto con la civiltà marziana. Anche se, per dirla tutta, al principio di questa storia vi è non già la deliberata trasmissione di segnali radio, quanto piuttosto la sua occasionale ricezione. E qui torniamo a Tesla e Marconi.

LE TRASMISSIONI ESOTICHE RICEVUTE DA TESLA E MARCONI

Tesla_Colorado_SpringsIn un’intervista apparsa nel febbraio 1901 sulla rivista scientifica “Collier’s Weekly” e significativamente intitolata “Talking with the Planets”, Nikola Tesla riferì che nel 1899, mentre stava conducendo a Colorado Springs i suoi esperimenti sulla trasmissione della corrente elettrica in una modalità che noi contemporanei possiamo definire “Wireless”, osservò che il proprio apparecchio ricevitore registrava dei segnali di interferenza, di tipo diverso da quelli associabili a temporali o al rumore terrestre.

L’idea che quei disturbi elettrici – disse Tesla al giornalista – potessero costituire dei segnali intelligenti, inviati da grandi distanze, non aveva ancora preso corpo in me. Notai che quegli impulsi si ripetevano ad intervalli regolari, secondo un palese ordine numerico che non poteva essere ricondotto ad alcuna causa a me nota. Conoscevo naturalmente i fenomeni elettrici prodotti dal sole, dalle aurore boreali e dalle correnti telluriche: quei segnali non potevano certamente essere imputabili a tali cause. Fu solo un po’ più tardi che balenò alla mia mente l’idea che quei cosiddetti disturbi elettrici che avevo osservato, potessero essere stati emessi sotto un controllo intelligente. Malgrado non mi fosse riuscito di decifrarne il significato, era chiaro che non avrei potuto pensare che essi si erano creati in modo accidentale. La sensazione che sta prendendo piede in me è di avere ascoltato un messaggio di saluto proveniente da un altro pianeta.

Disgraziatamente non esiste altra fonte dell’episodio narrato dallo scienziato serbo all’infuori dell’articolo testé menzionato:  neppure i “Diari del Colorado” ne fanno cenno. Peraltro in una successiva intervista rilasciata al “New York Herald” il 12.10.1919, lo scienziato espresse la propria meditata convinzione che quei segnali provenissero proprio dal pianeta Marte.

Analoga esperienza visse Guglielmo Marconi: in due successive interviste al “Daily Mail” in data 26.01.1920 ed al “New York Times” il 2.09.1921, riportò ai cronisti che alcuni anni prima, mentre era in navigazione nel Mediterraneo a bordo del suo yacht e stava eseguendo degli esperimenti radio, aveva intercettato dei messaggi che riteneva provenienti da Marte o da qualche altro punto dello spazio. Nello specifico si era trattato di onde elettromagnetiche di lunghezza tanto elevata da non poter essere ricondotte a comuni interferenze elettriche, posto che la lunghezza massima conosciuta delle onde prodotte sulla Terra a quel tempo era di 14.000 metri.

Noi – ebbe a dire Marconi – riceviamo occasionalmente dei segnali che potrebbero venire da un punto situato fuori del globo terrestre. Abbiamo osservato che questi segnali formano delle lettere, di cui alcune, e particolarmente tre punti della lettera V, vengono ripetute con maggiore frequenza delle altre; ma in nessun caso questa riunione di lettere permette di formare un messaggio intellegibile.

IL CASO DELLA SONDA DA EPSILON BÖOTIS

Alla fine degli ’20 (evidentemente un periodo fecondo per le comunicazioni radio interplanetarie) si verificò un ulteriore episodio enigmatico, che sarebbe poi stato interpretato quattro decenni più tardi. Tre scienziati europei di nome Hals, Stöermer e Van der Pol avevano inviato verso lo spazio dei segnali radio in rapida successione ad intervalli di trenta secondi, notando che l’eco di tali segnali mostrava delle alterazioni non nell’intensità dei medesimi bensì negli intervalli di tempo intercorrenti fra di essi. In altri termini i segnali di ritorno non si presentavano con gli stessi intervalli temporali con cui erano stati trasmessi, determinando un’eco altamente irregolare, con ritardi da 1 a 30 secondi. Al tempo, questo fenomeno venne spiegato con fluttuazioni della ionosfera o con altri disturbi elettromagnetici e quindi praticamente ritenuto non significativo.

Ma, nel 1973, un astronomo scozzese, Duncan Lunan, presentò sulla rivista “Spaceflight” della nota e stimata “Associazione Interplanetaria Britannica” una coraggiosa teoria secondo cui il variabile ritardo era da attribuirsi ad una sonda aliena in orbita lunare: egli infatti sviluppò l’idea esposta nel 1960 dall’astronomo statunitense Ronald Bracewell secondo cui gli impulsi radio erano stati fatti apparentemente rimbalzare indietro verso la Terra da “qualcosa” che si trovava al di fuori della ionosfera, ma ad una distanza inferiore di quella della Luna. Lunan creò un diagramma cartesiano in cui l’asse verticale riportava gli impulsi radio trasmessi e quello orizzontale il ritardo del segnale di ritorno. I punti sul diagramma rappresentavano una mappa delle costellazioni dell’emisfero boreale, nella quale tuttavia la stella Epsilon Boötis era vistosamente fuori posto. Attraverso tecniche di calcolo note agli astronomi egli determinò che la stella in parola si trovava nella posizione in cui doveva apparire, ad un osservatore terrestre, tredicimila anni fa.

Il diagramma cartesiano di Lunan
Il diagramma cartesiano di Lunan

Dal che egli dedusse che i segnali erano rimandati indietro da una sonda giunta nel sistema solare dalla costellazione di Boöte tredicimila anni prima e posizionatasi in orbita lunare, la quale era stata programmata per comunicare con una civiltà sufficientemente evoluta da essere in grado di usare le comunicazioni radio. L’astronomo scozzese si spinse ancora oltre, affermando di avere rinvenuto nei ritardi – eco un codice, la cui decrittazione dava per esito questo messaggio: “La nostra casa è Epsilon Boötis, che è una stella doppia. Viviamo sul sesto pianeta di sette, contando dall’esterno verso il Sole, che è la più grande delle due stelle. Il nostro sesto pianeta ha una luna, il quarto pianeta ne ha tre, il primo ed il terzo pianeta ne hanno una ciascuno. La nostra sonda è nell’orbita della vostra Luna, ed è arrivata 13.000 anni fa”.

In seguito questa audace interpretazione di Lunan venne smentita da più accurate osservazioni astronomiche, secondo cui Epsilon Boötis non era adatta allo sviluppo della vita, in quanto troppo massiccia e dall’emissione di radiazioni troppo elevata; inoltre la sua esistenza, in una scala temporale astronomica, era relativamente breve per sostenere pianeti abitabili.

G.H. WILLIAMSON: I DISCHI PARLANO!

Ma la vicenda dei contatti radio con civiltà extraterrestri non finisce qui, dovendo registrare un’altra tappa significativa al principio degli anni ’50.

George_H_WilliamsonProtagonista è in questo caso un personaggio ben noto a chiunque si interessi di storia dell’ufologia, George Hunt Williamson, antropologo e scrittore statunitense di origine balcanica (la famiglia apparteneva al ramo nobiliare degli Obrenovic), che attraverso i propri studi nel campo delle antiche tradizioni e mitologie delle popolazioni indie del Nord e del Sud America giunse ad avanzare l’ipotesi di un rapporto storico-culturale tra i nostri antenati ed antichi visitatori extraterrestri, ponendosi con merito tra i pionieri della paleo astronautica.

Nel corso dell’estate del 1952, mentre gli Stati Uniti erano interessati da un’ondata di avvistamenti Ufo, il signore e la signora Williamson, unitamente ad un certo Alfred Bailey e consorte, cominciarono per gioco a ricevere dei messaggi tramite il sistema della scrittura automatica, che pur essendo una tecnica propria delle sedute medianiche era da loro considerata niente più che un passatempo da salotto. Ben presto, per maggiore facilità di “ricezione”, passarono alla tavoletta “oui-ja”, altro strumento conosciuto ai pratici delle spiritismo.

Si palesò loro che tali messaggi erano inviati da intelligenze extraterrestri di forma umana riunite in una sorta di confederazione, le quali dimoravano in parte sugli altri pianeti del sistema solare (che, a loro dire, sarebbero stati in realtà dodici, tra cui l’enigmatico Patras, posto in orbita transplutoniana) ed in parte su altri sistemi planetari (come Safanian o Sagafaris). La Terra era da essi chiamata Saras, Marte Masar e Giove Etonya;  gli interlocutori che più spesso si presentavano nel corso di codesti incontri erano tale Regga, rappresentante planetario di Masar, e Zo, proveniente da Nettuno.

I contatti si protrassero dall’agosto del 1952 fino al gennaio del 1953 e, sebbene la maggior parte di essi siano avvenuti con l’uso delle sopra richiamate tecniche medianiche, diversi messaggi sono pervenuti anche attraverso la radio: ad un certo punto infatti i celesti interlocutori di Williamson e compagnia suggerirono loro di cercare un esperto di radiotelegrafia poiché avrebbero comunicato usando questo sistema, con una lunghezza d’onda di 40 metri. Il risultato di tali esperienze venne raccolto in un libro, intitolato “Saucers speak!” (“I dischi parlano!” nella edizione italiana). Il libro è corredato da un affidavit, cioè una testimonianza giurata della veridicità di quanto riportato nel libro stesso da parte dei quattro autori e del radiotelegrafista.

I contenuti dei messaggi indirizzati ai terrestri anticipavano i temi più cari al contattismo: le navi a forma di disco che si avvistavano nei cieli (chiamate “Crystal bells” o “Campane”) erano i mezzi con cui codesti extraterrestri si spostavano nell’atmosfera planetaria, mentre per i viaggi nello spazio esterno adoperavano mezzi di forma cilindrica. Essi tenevano l’umanità sotto osservazione da circa 75.000 anni e la diffidavano dall’uso sconsiderato dell’energia atomica, che avrebbe potuto fare di Saras una cintura di asteroidi, così come era accaduto migliaia di anni prima al pianeta posizionato fra Marte e Giove (causa anche di una terribile devastazione occorsa su Marte). Raccomandavano agli uomini le leggi dell’amore e dell’evoluzione spirituale, in singolare assonanza con il messaggio evangelico. Mettevano in guardia dai sistemi stellari della costellazione di Orione, sede di razze aliene non propriamente benevole, animate da progetti di conquista dell’universo (preannunciavano anzi l’arrivo da quella costellazione di un “mezzo stellare autosufficiente”).

Naturalmente il fenomeno del contattismo presenta luci ed ombre e, anche a voler ritenere la buona fede dei contattati, resta oscura la ragione per la quale molte informazioni ad essi fornite dalle sedicenti razze extraterrestri si siano svelate poi clamorosamente false, alla luce dei progressi dell’astronomia (oggi sappiamo, per esempio, che Giove e Saturno sono giganti gassosi, inadatti a sostenere la vita quale noi la conosciamo). Tuttavia, nel caso dell’esperienza di Williamson, ci sono almeno due circostanze che meritano riflessione: la prima è che il sedicente alieno a nome Regga fu l’artefice dell’inizio di una corrispondenza tra lo stesso Williamson e Franco Brancatelli, studioso del Centro Studi e Ricerche Spaziali di Catania, fornendo all’uno l’indirizzo dell’altro in modo pressoché simultaneo, sicché le lettere che gli stessi si erano reciprocamente inviate furono ricevute prima che ognuno avesse modo di leggere la richiesta di contatto dell’altro. La seconda è che, proprio grazie ai messaggi veicolati dagli extraterrestri, le famiglie Williamson e Bailey furono avvertite dell’atterraggio di un disco “ricognitore” a Desert Center, California, ed ivi recatesi il 20.11.1952 assistettero, insieme ad altre tre persone, all’incontro tra George Adamsky e l’alieno venusiano Orthon.

Adamsky_OrthonAl di là dei contenuti delle comunicazioni extraterrestri, un dato che ho personalmente tratto dalla lettura del libro “I dischi parlano!” è che, pur avendo gli alieni affermato di poter comunicare agevolmente con gli uomini su qualunque lunghezza d’onda, alla prova dei fatti le comunicazioni radio (in numero inferiore a quelle medianiche) si sono rivelate alquanto disturbate e non sempre agevolmente comprensibili.

Ad ogni buon conto, nel capitolo finale del suo manoscritto, Williamson scrive sibillinamente “Many groups are now experimenting in radio … Some of these groups have had success”, lasciando così intendere che la vicenda dei contatti radio con gli extraterrestri non si era affatto conclusa con il suo gruppo, ma proseguiva altrove e persino con maggiore successo.

LA QUESTIONE AMICIZIA

Tutto ciò ci conduce all’ultimo capitolo di questa saga, quello relativo al noto ed ancora controverso caso “Amicizia”. Trattasi di vicenda troppo articolata per poterne parlare in breve, né è questo lo scopo della presente relazione. Possiamo qui solo dire, in estrema sintesi, che passa sotto il nome di “Amicizia” la storia, durata dal 1956 fino al 1978, di contatti diuturni, fisici e talvolta dal contenuto estremamente pratico, tra un gruppo di extraterrestri di sembianze umane, che avevano stabilito diverse basi sotterranee in Italia (ma anche in altri Paesi …), ed un gruppo di italiani, di diversa estrazione e provenienza (con a capo Bruno Sammaciccia, scrittore e studioso di religioni),che avevano assunto per loro il compito di costituire una struttura di interfaccia e di supporto logistico.

Epicentro di questi contatti fu la costa adriatica, dal momento che il Sammaciccia viveva a Pescara e gli altri due componenti del gruppo originario (Giulio e Giancarlo) erano pure abruzzesi; inoltre la base più grande degli extraterrestri si trovava tra Ancona e Pescara in parte sotto la terraferma ed in parte sotto l’Adriatico. Venne loro dato il nome di W56, che verosimilmente associava il doppio vu di “Viva” all’anno del primo contatto, il 1956 (sebbene il reale nome di questa genia extraterrestre fosse Akrij). Essi proponevano una filosofia dagli elevati contenuti etici (secondo il nostro metro morale), riconoscevano i terrestri come fratelli di un’umanità confederata proveniente da diversi sistemi stellari ed avevano per finalità dichiarata quella di promuoverne l’elevazione spirituale e salvaguardare il pianeta dalle loro azioni sconsiderate; per considerare gli abitanti della Terra su un piano di parità, sembrò che il nome più appropriato per loro fosse, appunto, di “amici”. La loro civiltà non era solo fondata su una superiore tecnologia, dal momento che questa per funzionare al meglio doveva sposarsi con l’impiego di energie spirituali, il cui uso gli Amici volevano appunto insegnare agli uomini, energie tali da costituire un profondissimo vincolo tra loro ed i Terrestri, chiamato “uredda”. Anch’essi, come i visitatori alieni di Williamson, riferirono di essere su questo pianeta da secoli. A loro si contrapponeva un’altra razza, chiamata convenzionalmente CTR (che sta per “contrari” ma il cui nome era in realtà Weiros), che si fondava su uno sviluppo scientifico privo di connotazioni morali di alcun tipo e contro la quale era in corso una guerra millenaria, che aveva tra i campi di battaglia anche il nostro Pianeta.

Incontro_Rocca_PiaMa questa è un’altra storia. Quello che più mi interessa, ora, è ricordare che al principio di questi contatti vi fu, come per i coniugi Williamson, un caso di scrittura automatica. E sebbene dopo questo evento sia avvenuto un incontro con due visitatori in carne ed ossa presso la Rocca Pia di Ascoli Piceno, molte delle successive comunicazioni avvennero in radiofonia, attraverso una comunissima radio a transistor. Particolare singolare: gli amici ad un certo punto chiesero a Bruno Sammaciccia di sostare ogni notte, dalle 23 alle 6 del mattino successivo e per un periodo di otto mesi, sulla sommità di una collina nei pressi di Pescara, chiamata Colle del Telegrafo. Tutto ciò, venne spiegato, allo scopo di migliorare la comunicazione “da mente a mente”.

Le comunicazioni avvenivano in modo selettivo, nel senso che – ponendo due radio nella stessa stanza – una riceveva i messaggi degli “amici” e l’altra no; addirittura una volta una comunicazione venne ricevuta attraverso l’altoparlante di un comune mangiadischi. Allo stesso modo, pur in assenza di microfono e di un apparato trasmittente, i W56 potevano ascoltare le risposte dei loro interlocutori terrestri e quindi la trasmissione di informazioni era bidirezionale. L’impressione dunque è che gli “amici” non avessero affatto bisogno della radio per comunicare ma lo facessero unicamente per abbassarsi al livello tecnologico degli umani. Tra l’altro in una circostanza ebbero a dire che ricevevano in continuazione messaggi via radio, da terrestri che volevano entrare in contatto con loro, ma che essi rispondevano solo a chi sceglievano di contattare.

CONSIDERAZIONI FINALI

Dopo la fine dell’esperienza di Amicizia (avvenuta, per come la conosciamo, in esito ad una battaglia con i CTR che vide questi ultimi occupare e distruggere la base dell’Adriatico), non si sono più avute notizie di contatti via radio, stabili e prolungati, con entità extraterrestri. Tra l’altro il 1978 coincise con una ondata di avvistamenti senza precedenti e di portata planetaria.

Dunque dopo quel momento abbiamo continuato a registrare avvistamenti, ma questi si sono connotati in misura crescente come dischi diurni ed ancor più come luci notturne (per stare alla classificazione Hynek), mentre i casi di contatti ravvicinati del terzo tipo sono andati rarefacendosi, presentandosi in ogni caso come occasionali, individuali e privi della finalità di trasmettere messaggi di un qualche tipo. Di contro, è andato prendendo consistenza, nel medesimo torno di tempo (fine anni ’70 – inizio anni ’80) il fenomeno dei supposti rapimenti alieni.

Quale sia la ragione di questo io non so, né pretendo di spiegare. Si possono però individuare dei fenomeni socio-culturali di contorno che potrebbero avere una qualche relazione (non saprei dire se di causa o di effetto) con il mutamento di paradigma appena descritto.

Per cominciare dobbiamo pensare all’affermazione della cultura “New Age”, che si diffuse dagli Stati Uniti a partire dai tardi anni ‘60, quale corrente di pensiero tesa a valorizzare la componente spirituale dell’essere umano per prepararlo all’avvento dell’era astrologica dell’Acquario; di fatto la “New Age” recuperò principi, tradizioni e tecniche in larga parte mutuate dalle religioni orientali (in assonanza con talune idee propagate dagli “Amici”): in particolare, e per quanto qui interessa,  introdusse la pratica del “channeling”, cioè l’apertura di canali mentali di contatto con esseri di altri dimensioni. Ora, la canalizzazione era senz’altro più congeniale ad ipotetici esseri alieni, avendo questi dimostrato, nelle esperienze descritte, di essere più a loro agio con la telepatia che con valvole e transistor. D’altro canto, non dobbiamo dimenticare che proprio a far tempo dal 1972, per impulso degli scienziati Hal Putoff e Russel Targ, venne iniziato presso la società di copertura “SRI International”un programma segretamente finanziato da CIA, DIA ed altri organismi militari finalizzato a studiare i fenomeni ESP e segnatamente la visione a distanza o “remote viewing”, cui presero parte i ben noti Uri Geller e Ingo Swann.

remote_view_graphicPer altro verso, va altresì ricordato che, già prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, in alcuni paesi europei (Regno Unito, Germania ed anche Italia) era disponibile la tecnologia atta a trasmettere e ricevere immagini televisive: si trattava di una tecnologia ancora sperimentale, con una diffusione limitata a pochi luoghi pubblici o riservata ai privilegiati che potevano permettersi un apparecchio televisivo a valvole. La guerra costituì una battuta d’arresto ma dal principio degli anni ’50 cominciò l’inarrestabile sviluppo di questo “medium” che, per la facilità d’uso e la maggiore capacità di presa delle immagini in movimento, rapidamente si impose sulla radio, pur senza soppiantarla mai del tutto. Non sono riuscito a reperire in rete delle statistiche globali circa l’utilizzo della radio comparato a quello della televisione a partire dal 1950, ma è un dato comunemente accettato che la televisione abbia rapidamente sottratto alla radio quella centralità che quest’ultima aveva nella vita dei comuni cittadini.

Va onestamente riconosciuto che, anche con il mezzo televisivo, consta almeno un tentativo di contatto da parte di una sedicente civiltà extraterrestre: alludo al singolare e controverso episodio che si verificò il 26.11.1977 nel Regno Unito, durante la messa in onda del notiziario dell’emittente televisiva inglese Southern Television, allorché un segnale pirata si inserì nella trasmissione ufficiale. Il messaggio, in lingua inglese, conteneva 600 parole per una durata di circa 6 minuti. In pratica esso si inserì in cinque ripetitori monitorati dall’IBA (Independent Broadcasting Authority)  permettendo così alla trasmissione di essere ricevuta in una vasta area, che comprendeva la città di Londra e tutta una fascia di territorio – larga all’incirca un centinaio di chilometri – ad ovest della capitale, da Oxford a Nord fino a Southampton a Sud passando per Newbury ed Andover. Inutile risultò il tentativo dell’Autorità di individuare e schermare la fonte del messaggio pirata; alla Southern Television non restò che scusarsi con il pubblico per quella che fu descritta come una “interruzione audio”. Benché la notizia venne riportata con grande clamore sui giornali inglesi e statunitensi, la IBA si affrettò a definirla una bufala senza riuscire a spiegare da chi fosse stata orchestrata e con quali mezzi; ciò non di meno dovette riconoscere che la sua messa in atto aveva sicuramente richiesto una notevole capacità tecnologica.

Ma quale era il contenuto di questo messaggio? In esso, un tale Vrillon, sedicente rappresentante del Comando Galattico di Ashtar, invitava l’umanità ad intraprendere un nuovo percorso, per evitare i disastri che minacciavano il nostro mondo e quelli intorno a noi, e condividere così “il grande risveglio del pianeta che passerà nella nuova Era dell’Acquario”. Vrillon chiedeva agli uomini di disfarsi delle “armi di malvagità” e di apprendere a vivere insieme “nella pace e nella benevolenza”, al contempo diffidando dei “falsi profeti e guide” operanti sul nostro Pianeta, i quali avrebbero succhiato le nostre risorse economiche per scopi diabolici, dandoci in cambio “avanzi senza valore”.

Nel 2003 i militari del Regno Unito, dopo 26 anni di indagini (sic!), hanno dichiarato che si era trattato di uno scherzo orchestrato da tale Robert Delora,il quale aveva utilizzato l’antenna televisiva UHF di Hannington – uno dei pochi ripetitori in grado di ricevere un segnale via etere da un altro trasmettitore, piuttosto che essere alimentato via cavo – per posizionarsi nelle vicinanze della stessa ed inviare una trasmissione a potenza relativamente bassa, consentendo così al messaggio di essere amplificato e ritrasmesso in una zona più ampia.

Comunque siano andate realmente le cose, e non è questa la sede per speculare sul punto, resta il fatto che questo messaggio aveva numerosi punti in comune con le esperienze contattistiche radiofoniche finora esaminate. Tralasciando il riferimento ad Ashtar Sheran (nome notissimo negli ambienti contattistici, da George Van Tassel  al Circolo della Pace di Berlino), non possiamo fare a meno di evidenziare: l’appello ad acquisire una maggiore consapevolezza della scintilla divina esistente in ciascuno di noi in modo da favorire la crescita spirituale (con il non certo casuale riferimento all’imminente avvento dell’Era dell’Acquario); l’invito ad abbandonare le armi di distruzione per inaugurare una convivenza pacifica e benevola; la messa in guardia (quasi da messaggio evangelico) dalle false guide politiche e spirituali.

Questo episodio si colloca appena un anno prima della fine dell’esperienza di “Amicizia”; inoltre merita di essere ricordato che il sedicente Vrillon riferiva di avere già rilasciato analoghi messaggi “ai vostri fratelli e sorelle, dappertutto, sul vostro pianeta Terra” e che vi erano già gruppi di persone che stavano praticando gli insegnamenti della Federazione Galattica.

Che dire? Sembra proprio che l’invenzione della radio sia stata il momento iniziale di una fase di contatti tra una o più razze extraterrestri di sembianze umane ed alcuni gruppi scelti sul nostro Pianeta; come se l’aver perfezionato la conoscenza dello spettro elettromagnetico ed averne tratto giovamento per effettuare delle comunicazioni a distanza fosse stato, agli occhi di codesti alieni, il segno di un passaggio decisivo nell’evoluzione – culturale e tecnologica – della specie umana, tale da meritare che venisse avviato un contatto diretto, libero da sovrastrutture religiose o mitologiche, con gli abitanti della Terra.

Qualcuno fra i lettori certamente ricorderà la genesi della saga di Star Trek, con l’umanità che viene ammessa alla Federazione Unita dei Pianeti non appena la scienza terrestre concepisce e realizza un motore a curvatura.

Che la radio abbia costituito, nella nostra storia, il marcatore tecnologico che avrebbe consentito il disclosure spontaneo degli umani di altri mondi? In tal caso, la pur fervida fantasia di Gene Roddenberry avrebbe solamente finito con ricalcare la realtà …

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Bibliografia:

1)      Radio, voce del sito in lingua italiana di Wikipedia (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Wikij);

2)      Guglielmo Marconi, voce del sito in lingua italiana di Wikipedia;

3)      Nikola Tesla, voce del sito in lingua italiana di Wikipedia;

4)      Contatti radio con gli Extraterrestri, Gianfranco Degli Esposti, in UFO Notiziario, n. 59 Nuova Serie Ottobre/Novembre 2005, Gruppo Editoriale Olimpia, 36;

5)      George Hunt Williamson, confidente degli alieni, Franco Brancatelli, in UFO Notiziario, n. 59 Nuova Serie Ottobre/Novembre 2005, Gruppo Editoriale Olimpia, 42;

6)      UFO: Missione Uomo, Roberto Pinotti, Milano 1976, Armenia Editore, 142;

7)      UFO: Oltre il contatto, Roberto Pinotti, Milano 2013, Oscar Mondadori, 58;

8)      L’incredibile universo di Duncan Lunan, Fabio Feminò, in X Times, n. 67 Maggio 2014, X Publishing, 44;

9)      I dischi parlano!, George Hunt Williamson – Alfred C. Bailey, Milano/Roma 1957, Istituto Editoriale Domus;

10)  Contattismi di massa, Stefano Breccia, Roma 2007, Nexus Edizioni;

11)  New Age, voce del sito in lingua italiana di Wikipedia;

12)  Anche gli extraterrestri vogliono andare in TV: lo strano caso del messaggio dell’alieno Vrillon, articolo dell’amministratore del sito Il navigatore curioso, 29.08.2013 (ilnavigatorecurioso.myblog.it/2013/08/29/anche-gli-extraterrestri-vogliono-andare-in-tv-lo-strano-cas/)

Di Gaetano Anaclerio

Avvocato civilista, nato il 4 giugno 1964, esercita la professione a Bari dal 1992. Da sempre appassionato di ufologia ed enigmi archeologici, è socio del Centro Ufologico Nazionale dal 2001 ed attualmente, nella stessa organizzazione, ricopre il ruolo di responsabile della Sezione Provinciale di Bari e di componente della Commissione per gli Aspetti Giuridici. Insieme al Dott. Mauro Panzera è autore della monografia "Il trattamento dei dati personali in ufologia" edita nel 2004.

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