E’ allo studio un velivolo al plasma a forma di disco volante, che per adesso esiste solo nel cyberspazio, ma domani potrebbe fungere da modello per la realizzazione di un drone. A quest’innovativa materia sta lavorando il prof. Subrata Roy, dell’Università della Florida (USA).
Come ho accennato, al momento sembra che tutto cio’ configuri soltanto un modello teorico al computer. Tuttavia, lo US Air Force e la NASA intendono ricavare un drone, denominato Weav, con la superficie ricoperta da elettrodi che ionizzino l’aria, la quale sarebbe cosi’ respinta dal plasma formatosi, facendo sì che il disco venga risucchiato nel vuoto riuscendo cosi’ad effettuare sia il decollo che il movimento nella direzione prescelta (ovviamente il funzionamento richiederebbe un’affidabilità totale). Pietro Batacchi, direttore di RID (Rivista Italiana Difesa), autore di uno studio sulla propulsione al plasma, ha rivelato che “Qualcosa potrebbe essere già operativo. E’ verosimile che sul bombardiere strategico americano B-2 trovino applicazione tecnologie di magnetoidrodinamica e di elettrodinamica…”.
Ma come funziona un disco al plasma? Com’è noto, quest’ultimo è un “quarto stato della materia” (dopo quelli solido, liquido e gassoso), composto da gas ionizzato con elettroni ed atomi cui sono stati strappati gli elettroni. Oltre che in laboratorio, il plasma puo’ essere realizzato anche in maniera involontaria (ad esempio, quando le navicelle spaziali rientrano surriscaldando l’aria). L’uso di una tecnologia al plasma concretizza un sistema avveniristico di propulsione aerospaziale, che esonera da molti vincoli aerodinamici i mezzi piu’ pesanti dell’aria.
Una bella soddisfazione per gli ufologi!
Fonte: “Se gli Ufo non esistono, li facciamo noi (al plasma)” di Luigi Grassia (La Stampa del 05/02/2014)